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FAQ - Domande e risposte

D: Ma devo proprio rinunciare ai viaggi?

R: Parliamoci chiaro: se la tua coscienza professionale ti consente di disinteressarti degli allievi in gita e di farti gli affari tuoi, contribuisci alla diffusione di una visione caricaturale che squalifica la nostra professione. Non è di questo che c'è bisogno. Se invece – come la stragrande maggioranza dei colleghi – fai con serietà il lavoro affidato, sai bene che si tratta di un impegno e di un'attenzione costante nell'arco della giornata (purtroppo anche dopo il tramonto...) e quindi è tutt'altro che un viaggio di piacere! E di sicuro trovi anche tu ingiusto che un impegno accresciuto rispetto all'ordinario non venga più (minimamente) retribuito.

Rendiamoci conto che la mentalità del pezzente, disposto a tutto pur di fare un bel viaggetto, è esattamente quella che ci viene proiettata addosso da parte di qualche burocrate passacarte, evidentemente assuefatto agli intrallazzi della politica deteriore (quella degli scambi, dei favori, della raccomandazione), e convinto perciò di poter tagliare perché “quelli lì vanno anche aggratis”. Vogliamo confermare questi pregiudizi poco lusinghieri?

D: Mi spiace per i ragazzi...

R: Questo è vero. Al di là dell'impegno lavorativo, la visita è sovente uno strumento utile a promuovere la socializzazione nella classe, e insieme anche un rapporto più cordiale tra studenti e docenti. Chiediamo quindi un minimo sacrificio in nome di una giusta causa. Ma non è un danno arrecato ai ragazzi.

Da molti anni, le visite non rappresentano più per nessuno “l'unica occasione nella vita” per visitare luoghi d'arte e di cultura; le famiglie si muovono, il turismo di massa vede attivissimi anche i nostri allievi. Quindi non chiudiamo loro per sempre una finestra sul mondo. Piuttosto, c'è da interrogarsi seriamente sul costo delle gite, che rappresentano sempre più spesso un peso sui bilanci familiari in anni di crisi economica, e finiscono per accentuare le differenze sociali.

D: Ma non ci sono alternative?

R: Una alternativa sicuramente valida è lo svolgimento di visite di durata (solo) giornaliera. Le mete raggiungibili non sono ovviamente troppo distanti, le visite richiedono di essere accuratamente mirate (una serie di monumenti, un territorio, un biotopo, una mostra...) ma proprio per questo possono offrire molto sotto il profilo culturale. La socializzazione non ne risentirà troppo, visto che i giovani sanno sfruttare bene anche i tempi di trasferimento; e del “casino notturno” in albergo, sinceramente, non so quale insegnante serio potrebbe avvertire il rimpianto.

Nulla vieta ai consigli di classe efficienti di prevedere anche due o tre uscite nel corso dell'anno scolastico, valorizzando così ambiti geografici o aree disciplinari differenti.

D: Non possiamo inserire le nostre spettanze nelle quote pagate dagli allievi?

R: La domanda è posta solo per chiarezza, anche perché in talune circostanze la proposta potrebbe partire dagli allievi stessi (ne ho colto personalmente, in altra situazione, i segnali).

L'ovvia risposta è un chiaro NO, motivato sia sotto il profilo giuridico, sia e soprattutto sotto quello etico.

D: Ma allora risolviamo la questione andando in visita solo in Italia, e lasciando perdere le mete estere!

R: Più che una domanda, è una tentazione... da respingere in assoluto! Infatti:

Abbiamo illustrato nella presentazione che anche le visite di più giorni in Italia sono retribuite in modo vergognoso (i “due pasti inclusi”) ossia di fatto non retribuite, e sarebbe ora di avviare una riflessione anche su questo fatto.
Si indebolirebbe in modo sostanziale il versante principale della nostra azione, che mira a far leva sui forti interessi economici in gioco (agenzie turistiche, hotel e indotto) per ottenere un minimo di considerazione – e sappiamo come questo sia difficile, per tutto quanto riguarda i destini della scuola pubblica italiana!
Si regalerebbe ai ministeri responsabili dei tagli un formidabile strumento propagandistico. Ci sembra già di sentirli: “Grazie a noi, si incrementa il turismo entro i confini nazionali!”. “È finita la moda dei soggiorni all'estero, qui creiamo nuovi posti di lavoro!”. Panzane autarchiche, certo. Ma perché fornirgli un albi su un piatto d'argento?

D: E i posti di lavoro? Non danneggiamo il settore turistico?

R: Naturalmente si potrebbe argomentare che non è compito nostro sostenere (coi soldi delle famiglie) il settore turistico. Soprattutto, però, occorre che acquisiamo consapevolezza che il nostro “potere contrattuale” di insegnanti è pressoché nullo e che le nostre rimostranze, anche quando lodevolmente accompagnate da astensione dal lavoro, ottengono scarsa o nulla eco. Vogliamo finalmente sperimentare una forma di pressione lecita, serena, equilibrata sui settori dell'economia che forse (sottolineato: forse) possono trovare più ascolto alle orecchie di chi ci governa, e che comunque sanno curare bene i propri interessi? Se non altro, proviamoci, come contributo alla civiltà del nostro paese, che non considera l'insegnamento come una vera risorsa.

niente - riserva

lunedì 23 giugno 2008

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